CITAZIONE (.Yumi.369. @ 24/6/2009, 19:50)
un bell'inizio...mi incuriosisce *-*
continua!
Mi hai copiato il titolo della ff u.u si chiama così una mia ff u.u
sorry mi dispiace non lo sapevo
perdonami
posto il secondo capitolo visto che vi è piaciuta fin qui^^
CAPITOLO 2 - You’re my confession
Credevo veramente di potermi sbarazzare di quei pensieri? Ero pazzo o semplicemente stupido?
Il concerto mi era scivolato addosso come se fosse una gigantesca bolla di sapone, non avevo sentito nemmeno una delle grida delle fan. Sentivo solo la sua voce, dolce e sensuale mentre cantava allo stesso ritmo del mio basso.
Così mi ritrovavo di nuovo solo, nella mia stanza vuota e buia.
Ancora poche ore e avemmo preso l’aereo per il ritorno, potevo resistere fino ad allora? Dovevo farcela.
Di solito festeggiavamo fino a tardi dopo i live, ma quella sera non ero esattamente l’anima della festa e non volevo rischiare di rovinare il party a tutti. I numeri rossi della radiosveglia erano l’unica fonte di luce nella camera, segnavano circa le due del mattino. Non ce la facevo più; il tempo sembrava non passare mai e i miei occhi non volevano saperne di chiudersi e lasciarmi dormire, perché ogni volta che provavo solo a socchiuderli il suo viso mi appariva davanti, bello e lampante come se fosse proprio li, davanti a me.
Fissavo il soffitto vuoto pensando e ripensando a lui, sperando di mancargli almeno un po’, solo un briciolo di quanto lui mancasse a me.
L’ombra rossa e sfocata sul soffitto segnava le tre quando li sentii rientrare nelle loro stanze.
Mi rotolai sul materasso morbido e mi avvicinai alla parete poco distante, solo quel muro a dividermi da te. Come potevo spiegargli che la mia vita senza di lui non poteva esistere? Avrei sicuramente rovinato tutto se gli avessi confessato i miei sentimenti, forse avrei distrutto la band; ma che senso aveva vivere senza l’unica cosa di cui mi importasse veramente? Mi sentivo come nella nostra canzone, “Escape to the Stars”, mi rigiravo nel letto senza trovare pace e chiedendomi cosa stesse aspettando a scappare tra le stelle con me.
Mi sbilanciai troppo e persi l’equilibrio, nel tentativo di non cadere trascinai a terra la lampada che stava sul comodino, in quel silenzio avevo sicuramente svegliato qualcuno.
Non passò molto prima che qualcuno venisse a bussare alla mia porta: << Tutto bene? >> perché mi stavi facendo questo? Perché ti preoccupavi così tanto per me? Mi faceva solo più male.
Girai la chiave nella serratura e prima che potesse entrare mi rimisi sul letto: << Ma cosa fai ancora vestito? >> non me n’ero nemmeno accorto, i vestiti erano l’ultimo dei miei pensieri, anzi, non ne facevano proprio parte: << non ho sonno, scusa se ti ho svegliato >> vederlo così preoccupato mi fece sentire incredibilmente in colpa: << scusa, se non avevi sonno perché non sei rimasto a bere con noi? >> perché ti voglio troppo e avevo paura di poterti saltare addosso. Avrei voluto dirglielo ma mi limitai a fare spallucce: << ultimamente sei proprio strano. Te ne stai sempre da solo, sei sbadato. Che ti succede? >> ormai lo avevano notato tutti, dovevo inventarmi una scusa ma non mi veniva in mente niente di tanto importante da farmi perdere la testa: << credo di … essermi innamorato >> pensavo seriamente di risolvere la situazione senza specificare di “chi” mi fossi innamorato?
<< E allora diglielo, a questa persona che la ami >> sembrava così semplice da come lo dicevi tu
<< non è facile … Strify … >> il suo nome, mi risultava sempre più difficile pronunciarlo, era come una pugnalata al cuore, sentivo in gola il sapore ferroso del sangue che sgorgava da quella ferita, certo, in senso figurato, ma il dolore era reale, più che reale, faceva male per davvero.
<< Credo che se questa persona ti vedesse adesso non proverebbe neppure a dirti di no >> cosa voleva dire? Che se glielo avessi finalmente confessato lo avrebbe accettato? Che ne sarebbe stato addirittura felice? No, certo che no. Era solo la classica frase consolatoria di un buon amico, di un ottimo amico: << come puoi saperlo? >> stringevo i pugni e serravo i denti nel tentativo di ignorare l’istinto che mi diceva di prenderlo, stringerlo tra le braccia e pregarlo di farmi suo per sempre.
<< Semplicemente perché è quello che penso io. Odio vederti così, non posso stare qui a guardarti soffrire senza dire niente >> lo avresti pensato comunque se avessi saputo di essere tu la causa del mio lancinante dolore?
Tenevo il viso sul cuscino, sprofondandovi dentro per nascondere le lacrime. Piano piano la sua mano calda si fece strada sulla mia schiena nella carezza più intensa che avessi mai desiderato in quei miei sogni così proibiti.