| CAPITOLO 8 - Mi ami ancora?
Ero tornato a casa dopo qualche ora, avevo chiamato Strify per fargli sapere che ero sano e salvo, quasi mi aspettavo che s’infuriasse invece niente, non disse una parola, tornò nell’appartamento e si chiuse la porta della stanza alle spalle senza degnare di uno sguardo la mia nuova ospite. Aveva un bel nome quella ragazza: Kerstein, le stava a pennello secondo me per come suonava. Non so perché la portai a casa mia, forse fu semplicemente perché mi offriva una piacevole distrazione, quando era con me non dovevo pensare a lui. In ogni caso mi sentii osservato per tutto il tempo che restò con me. Quando tornai, dopo averla riaccompagnata a casa, trovai Strify sdraiato sul mio letto, il viso sprofondato nel mio cuscino e una mia maglietta stretta tra le braccia, adesso voleva giocare a fare la vittima? Mi avvicinai cercando di mantenere un’espressione neutrale, mi fermai a pochi centimetri da lui fissandolo con le mani sui fianchi: << che ci fai sul mio letto? >> forse la mia voce tradì una vena di dolore quando pronunciai quella frase: << chi era quella? E dove sei stato tutto il giorno? >> perché proprio ora aveva deciso di interessarsi a me in un contesto che non riguardasse il sesso? << non credo siano affari tuoi >> la mia voce suonò più ferma questa volta: << ti ho cercato per tutto il giorno, avevo paura che ti fosse successo qualcosa e tu mi dici che non sono affari miei? >> la voce gli si alzò di un paio di ottave, era pressoché evidente che stava trattenendo le lacrime, ma perché? << non ti ho chiesto io di venirmi a cercare, sono adulto e posso andare dove mi pare quando mi più mi piace >> il fatto che si stesse per mettere a piangere mi dava veramente sui nervi, perché doveva fregarmene qualcosa visto che a lui non era importato quando piangevo io?! << potevi almeno lasciarmi un biglietto, lo so che non sono affari miei, che ti ho trattato male però…>> fece una breve pausa finché non lo invitai a continuare con un cenno della testa: << però mi sono accorto di quanto male ti ho fatto e adesso so che non era solo sesso nemmeno per me. Sono innamorato di te e questo mi spaventa a morte, non voglio perderti come amico e non voglio che questo influenzi la band >> quella confessione, accompagnata dalle sue lacrime, mi sembrò l’unica cosa sincera che avesse mai detto in vita sua, non potevo infierire ancora, rimasi zitto e sbalordito accanto al letto fino a quando non fu lui a farmi riprendere. Con una mano si asciugò il viso mentre con l’altra mi tirava per un braccio pregandomi di sedermi accanto a lui, accettai l’invito dopo essermi scrollato di dosso quella sensazione di incoscienza; incrociai le gambe prendendo posto di fronte a lui che continuava a strofinarsi gli occhi: << per favore non piangere, non sono abbituato a vederti così >> non sapevo cosa fare per farlo smettere, di solito ero io il piagnucolone: << cosa c’è adesso? Perché non smetti di piangere? >> ero davvero imbarazzato da quella situazione: << perché voglio sapere chi è quella, mi hai già dimenticato? >> non sapevo bene cos’avrei dovuto dire, forse solo la verità: << non potrei mai dimenticarti, lei è solo una persona che mi distrae un po’ dal dolore che ho dentro >> non so se fui molto chiaro ma almeno smise di singhiozzare e si limitò a lasciar cadere qualche lacrima silenziosa di tanto in tanto. Decisi che forse era il caso di consolarlo anche se sapevo che avvicinandomi a lui dopo avrei sofferto ancora di più, ancora non mi fidavo del tutto; lo presi tra le braccia e restammo così, sdraiati l’uno accanto all’atro, per un po’: << ti amo davvero, puoi perdonarmi per quello che ti ho fatto? >> mi guardava con quei suoi occhi blu così luccicanti e penetranti, come potevo dirgli di no!? Era l’amore della mia vita, ne ero certo e sapere che almeno un po’ anche lui mi amava mi rendeva felice come mai prima d’allora, ma restava un problema: lui non voleva saperne di farlo sapere ad anima viva. << certo che ti perdono, se non lo facessi non sarei quel masochista che mi vanto di essere >> ovviamente lui colse l’ironia della mia voce e si rilassò un po’ stringendosi di più a me, era davvero bello sentire il mio abbraccio corrisposto almeno per una volta: << però questo non cambia niente, non possiamo raccontarlo ai quattro venti, io non … >> lo fermai mettendogli un dito sulla bocca, non volevo che rovinasse quel momento così bello: << ci penseremo, ora l’importante è che finalmente stiamo bene >> per quella sera non ci furono altre discussioni, l’indomani avremmo avuto tutto il tempo per parlare, adesso volevo solo stargli accanto.
vi anticipo anche che il prossimo capitolo sarà quello conclusivo, aspettatevi un finale dolce-amaro^^
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