| Grazie per i complimenti *__*
Capitolo secondo
Mi sedetti di fianco a Squeal, che guardava Yu, il suo migliore amico, con grande ammirazione, e con qualche sorrisetto quando sbagliava un accordo. Io non riuscivo a condividere il suo entusiasmo. Mi sentivo come invaso da un fuoco gelato... da un ghiaccio bollente... e non riuscivo a regolare i battiti del mio cuore... Nè a ricacciare indietro le lacrime che mi pungevano gli occhi. Le cammuffai simulando una quantità imbarazzante di sbadigli che mi procurarono occhiatacce, soprattutto da Kiro. Ma la cosa era plausibile, visto che ero il pigro della compagnia. Avrei voluto usare la mia bravura a recitare in altre cose, però. Alla fine della canzone, tre minuti dopo, tre terribili, lancinanti minuti dopo, Yu uscì dalla stanza prove con la chitarra sotto braccio. Kiro saltò in piedi e zampettò verso la sedia prima occupata da Yu, con il suo fedele basso. Il contrasto tra le due persone che avevano occupato quella sedia in quei minuti mi fece quasi ridere; soffocai la risata con un altro sbadiglio. Yu alzò lo sguardo e mi vide. Gesto comunissimo. E allora perchè tremavo? Deficiente. -Ciao dormiglione!- esclamò prendendomi la mano e facendo cozzare le spalle. Io risposi debolmente, anche se gli strinsi la mano più forte di quanto avrei voluto. -Non sei ancora morto...- commentò, alludendo alla mia imbranataggine. -Mah, è solo questione di tempo.- commentai io facendo le spallucce. Lui scoppiò a ridere, quella risata roca che adoravo, poi si sedette di fianco a Squeal, lanciandomi occhiate divertite e continuando a ridacchiare. Almeno lo facevo ridere. Meglio di niente. Poi venne il mio turno. Mi alzai cercando di non guardare Yu, consapevole che, però, lui stava guardando. Entrai nella stanzetta e mi sedetti alla batteria, stringendo le bacchette così forte che mi fermai in tempo: spezzarle non sarebbe stata una, diciamo, brillante idea. Battei il tempo col piede quattro volte. In un secondo ricordai lo schema della canzone. Due battiti e due pause in un secondo. Tre, due, uno.
Suonare la batteria, con la sua cadenza ripetitiva e fortemente ritmata, mi aiutava a rilassarmi, a radunare le idee. Era un toccasana per la mia sanità mentale tremendamente fragile in quel periodo. Mi impedì di scoppiare a piangere, mi aiutò a ricacciare indietro le lacrime e il groppo in gola. Quest'ultima cosa però era inutile visto che nessuno si aspettava che parlassi. Per fortuna. Certe cose tornavano utili in situazioni come quelle.
Quando uscii dalla stanza prove, dopo aver terminato la batteria, mi accasciai tra Kiro e Squeal, lontano da Yu, a fissare i miei avambracci indolenziti e concentrandomi sul loro dolore, escludendo tutto il resto. Mentre Strify entrava e cominciava a canticchiare la bozza della canzone, non sentii i discorsi dei ragazzi, fino a che Kiro non mi pizzicò il fianco, facendomi sobbalzare. La cosa irritante di Kiro è che sa esattamente dove colpirmi se vuole che io reagisca. Irritante nanetto biondo. -Allora, hai sentito?- -Eh? Che? Cosa?- domandai, incrociando la braccia e coprendomi i fianchi per evitare un altro pizzicotto a sorpresa. A scuotermi fu la voce di Yu. -Avevo chiesto ai tipi se stasera avevano voglia di uscire. Conosco un posticino adatto a passare una seratina da uomini.- Probabilmente in quel momento ero troppo assorto a guardarlo negli occhi per accorgermi dell'enfasi strana con cui aveva pronunciato le parole "seratina da uomini". Se ci avessi fatto caso avrei capito a cosa sarei andato incontro. Ma non ci feci caso. Yu continuò. -Squeal non ha voglia e Kiro è occupato. Tu hai da fare stasera?- Ecco fatto. La domanda che desideravo da secoli, posta da lui. Ma non circondato dai nostri amici. E comunque non aveva nessun significato romantico, a differenza delle mie recondite fantasie. -Sì, non ho niente da fare... altrimenti avrei un telefilm strappalacrime su Viva TV.- Ovvio che mi sarei liberato di qualsiasi impegno pur di passare una serata con lui. Yu scoppiò a ridere ancora, seppellendo le labbra nella sua kefiah rossa. Mi si scaldò il cuore a quel suono.
Uscii da casa mia alle otto di sera, dopo aver trangugiato in fretta un toast preso da McDonald: conoscevo abbastanza i locali di Berlino per sapere che nessuno dava da mangiare cose commestibili per me, meglio premunirsi. Scesi nel garage e presi la mia Hummer, nera brillante, enorme. Salii sull'immenso sedile, girando la chiave nel quadro. Il rombo del motore riempì l'aria. Guidai fino a casa di Yu. Svoltai l'angolo ed eccolo lì, appoggiato al muretto. Sperai che il buio della sera bastasse a coprire il rossore delle mie guance. Appena mi fermai saltò in macchina senza farsi problemi e mi disse l'indirizzo. -Ciao eh!- dissi sarcastico, azionando il motore e facendo un inversione. -Scusa è che non volevo dimenticarmi l'indirizzo. Ciao, comunque.- -Contento tu...- commentai, cercando di ostentare indifferenza. Arrivammo in zona circa dieci minuti dopo. Guardando tutti i locali che ci sfilavano di fianco, sentii una leggera inquietudine che si rinforzava di minuto in minuto. No, no, doveva essere un incubo. Yu non poteva avermi portato nel quartiere a luci rosse di Berlino. Riflettei un attimo su quelle parole. Cazzo, certo che poteva. Se nel gruppo c'era una persona che l'avrebbe fatto, quello era senza alcun dubbio Yu. Avrei dovuto immaginarlo. Resistendo all'impulso di fare retrofront e lasciarlo lì, parcheggiai svogliatamente all'indirizzo che mi aveva indicato. Un locale dove si facevano strip tease. E dall'insegna esterna decisamente esplicita capii che le cose non si fermavano lì. Merda, merda, merda. Perchè proprio a me? Yu mi guardò, confuso dalla mia esitazione. -Che c'è?- domandò, come se davvero non capisse. Stupido beota. -Insomma... è che....non sono... non....- come potevo spiegare senza smascherarmi? Ma evidentemente quello che dissi bastò. Anzi, in realtà non bastò affatto. -Tranquillo, è tutto sotto controllo. Un orettina e ce ne andiamo!- disse Yu, che intanto era sceso e aveva aperto la mia portiera. Rimasi un attimo fermo, i pugni stretti sulle ginocchia. Forse non sarebbe successo niente. Forse sarebbe stata una serata di sano divertimento... Niente sesso. Niente situazioni imbarazzanti. Riluttante, decisi di fidarmi. Scesi dalla macchina e sbattei la portiera. O almeno tentai. Ma la forza che avevo nelle braccia mi tradì, e la portiera produsse solo uno scricchiolio, invece che un sonoro botto che manifestasse tutta la mia rabbia. Frustrato, seguii Yu dentro quel locale. Appena entrammo la musica ripetitiva rischiò di spaccarmi i timpani. Una cameriera in perizoma e reggiseno, su richiesta di Yu, ci accompagnò ad un tavolo vicino al palco, sculettando e lanciando occhiate ammiccanti sia a me che a lui. Io la fulminai con lo sguardo, Yu invece, ovviamente, gradiva la cosa. Avrei voluto sparire. Mi sembravo totalmente fuori luogo in quel posto. Qualsiasi situazione imbarazzante avessi mai vissuto impallidiva davanti a quella. Avrei fatto meglio ad aspettarlo in macchina. Sì, certo! Ero ancora in tempo. -Yu, io preferis.....- ma proprio in quel momento calarono le luci e la musica aumentò di volume, impedendomi anche di sentire me stesso. Merda. Merda. Merda e merda. Una ragazza (che ritengo esagerato definire "vestita") salì sul palco e si strusciò su un palo di lap dance per circa un quarto d'ora. Un quarto d'ora in cui io mi feci sempre più piccolo, seppellendo la testa nella felpa. Poi, il peggio. La ballerina scese dal palco e si avvicinò a Yu. Con tutti i clienti che c'erano in quel cazzo di locale, proprio lì doveva andare. Proprio dall'unica persona che non volevo vedere assieme ad una ballerina di lap dance. Iniziò a sculettare, ammiccando e ridacchiando, e a strusciarsi su di lui. Non pensai neanche a trattenere le lacrime, visto che Yu era concentratissimo su quelle tette rifattissime e non su di me. Ma quando quella sgualdrina infilò la mano nei suoi pantaloni non resistetti più. Sibilando tra i denti, e facendo qualcosa molto simile ad un ringhio, spezzai il bicchiere che avevo nella mano destra. Lo avevo stretto così forte da ridurlo in un mucchio di schegge. La ragazza saltò all'indietro, urlando e riparandosi, e Yu rimase impietrito, confuso da quel repentino cambio di situazione. Io scattai in piedi, gettando a terra la sedia, e uscì dal locale pestando i piedi, dando spintoni a chiunque si trovasse sulla mia strada. Non ero in vena di cordialità, tanto meno in un locale in cui non sarei mai più venuto. Entrai nella mia macchina e sbattei la portiera, stavolta così forte che mi batterono i denti. Rimasi fermo, le mani che stringevano il volante, lo sguardo fisso sulla strada. Stringevo i denti e ansimavo. Ansimavo dala rabbia. Rabbia perchè l'uomo che amavo si era allegramente strusciato su una puttana con me ad un metro di distanza. Certo, non poteva sapere quello che provavo. Ma l'aveva fatto. L'ennesima conferma che io per lui ero soltanto un amico, nient'altro che un amico. E non mi bastava. Non mi sarebbe mai bastato. Mai e poi mai. Qualcuno bussò al finestrino. Sobbalzai e guardai chi fosse. Yu. Strinsi i denti, e con un gesto di stizza gli indicai il sedile del passeggero. Lui rimase fermo. Sospirando, abbassai il finestrino, cercando di contenere anche minimamente la rabbia. Non volevo staccargli la testa a morsi. -Che ti succede?- -Lo sapevi che non volevo.- Beh, in realtà non l'avevo proprio detto. -Questa roba non fa per me. Per te sì, ma non per me.- aggiunsi con l'amaro in bocca. -Non pensavo avresti reagito così.- Rimase un attimo in silenzio poi sbarrò gli occhi. -Cristo santo, la tua mano!- -Che?- L'istinto mi suggerì di guardarmi le mani. Lo sguardo mi cadde sulla destra, quella con cui avevo spezzato il bicchiere. Sbiancai. C'erano ancora pezzetti di vetro infilati nella pelle, alcuni così in profondità che a malapena li si vedeva, il sangue grondava e aveva già macchiato buona parte dei pantaloni. Ora che vedevo la mia mano scorticata a sangue mi sentii mancare. Se non me l'avesse fatto notare avrei continuato a non sentire il dolore. Cretino. Tentai indifferenza, ma era ovvio che ero sul punto di sboccare. -Ti accompagno a casa.- Avrei voluto usare un tono più fermo, ma mi uscì un rantolo soffocato. -Tu non guidi con la mano in quelle condizioni. E non mi hai ancora dato una spiegazione: perchè hai reagito così?- Basta. Era troppo. Oltre al danno, anche la beffa? Eh, no bello, caschi male. Sbuffai. -A duecento metri c'è una stazione di taxi.- Detto questo, rialzai il finestrino senza guardarlo, ingranai la marcia e partii. Cercai di non guardare nello specchietto retrovisore per non vedere Yu, immobile sul marciapiede a fissare il punto in cui poco prima c'era la mia macchina. Non dovevo pentirmi per come l'avevo scaricato, lo meritava. Lo meritava.... lo meritava.... Tuttavia, per tutto il tragitto fui tormentato da immagini di Yu solo nella Berlino notturna, al freddo e spaventato. Cretino. Sia io che lui. Quando arrivai a casa ero quasi sull'orlo dello svenimento. Non sentivo più la mano, il che da una parte era un sollievo, dall'altra una fonte di terrore: guardare la mia mano e non sentirla attaccata al corpo non era una bella cosa. Arrancai fino al primo piano, lasciando dietro di me rare goccioline di sangue. Almeno aveva smesso di sanguinare. Certo, perchè ormai in corpo non mi restava più sangue. Me lo sentivo. Me lo sentivo dal dolore che sentivo dappertutto, dalla forte nausea, dal mal di testa. Lo sapevo anche se era impossibile. Poi, quando stavo per salire ancora le scale, diretto al mio appartamento, capii che avevo bisogno di curarmi quella ferita: in quella condizione non ci sarei riuscito, sarebbe stato tanto se non mi fossi mozzato entrambe le mani. Deglutendo per non vomitare sul tappeto, bussai alla porta di Irina. Dai sottili spazi che c'erano tra questa e lo stipite filtrava della luce, quindi era ancora sveglia. Qualche secondo dopo sulla soglia fece capolino la vecchietta. -Georg!- esclamò, a metà tra il sorpreso e il preoccupato. In quelle condizioni non percepii l'abituale irritazione tipica di quando sbagliava il mio nome. -Che ci fai qui così tardi?- ma io non risposi, perchè le crollai tra le braccia. Smisi di lottare, perchè non ero più solo ora. Tremavo ed ero scosso dai brividi. La mano era in preda alle convulsioni. Irina disse qualcosa, sentii chiaramente spavento nella sua voce. Poi tacque. Mi portò da qualche parte. Sentii sotto la schiena qualcosa di morbido e caldo. Un dolore insistente e acuto alla mano. Poi questo sparì. Sentivo una strana stretta, una calda stretta, come se la mano fosse avvolta in qualcosa. Bende, immaginai con sollievo quando capii di aver riacquistato minimamente la coscienza. Ma, senza il dolore a tenermi ancorato alla realtà, tutto diventò confuso, la concezione del tempo si distorse, fino a che non sparì tutto, per lasciare spazio ad un confortante nulla.
Edited by Giuly 483 - 25/2/2009, 13:55
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