Come promesso, una volta al giorno
Lasciate le buste della spesa nel mio appartamento, e dopo aver presentato Strify e Andreas ad Irina (i cinque minuti più imbarazzanti della giornata), arrivammo alla Universal. Io speravo con tutto il cuore che non ci fosse Yu: Kiro e Squeal ancora ancora, ma non lui. Non lui.
Rivedere Kathia, la segretaria iperattiva, mi aiutò a sciogliere un poco la tensione, che però tornò quando entrammo in ascensore. Mentre guardavo i numeri dei vari piani accendersi mi sembrava di sentire una musica da funerale in sottofondo. Ma guardare i volti indifferenti di Andreas e Strify mi fece capire che stavo dando fuori di matto.
Quando le porte si aprirono sul terzo piano, trattenni il respiro. La porta dello studio di registrazione era aperta. Brutto segno. Voleva dire che non c'eravamo solo noi, che c'era via-vai. Che c'era Yu.
Percorsi il corridoio stando nascosto dietro le spalle di Andreas, il quale non fece caso al mio comportamento. Sorridevo a denti stretti a chiunque, lungo il tragitto, mi salutasse, facendomi qualche raccomandazione sul mio braccio da cento mila euro l'anno. Strify capitanava il gruppo con ostentata sicurezza, forse per fare colpo su Andreas, che non era mai venuto lì e si guardava attorno un po' smarrito. Mi ritrovai a chiedermi quanti anni avesse.
-Andreas...- cominciai, restando nascosto dietro di lui. Dovevo distrarmi in un modo, qualunque modo, anche il più patetico. Ecco, patetico era la parola giusta.
-Sì?- domandò lui guardandomi.
Io boccheggiai, schiacciato dalle lenti a contatto bianche. Erano davvero inquietanti. -Sono lenti, vero?- domandai con l'indice puntato verso i suoi occhi.
Lui scoppiò a ridere e mi guardò ammiccante. -Sai che sono albino?-
Bingo. Avevo indovinato. Però non rispondeva alla mia domanda, di sicuro di proposito. Forse era uno di quei tipi che volevano mantenere un po' di mistero attorno a sè.
Non ebbi il tempo di domandare ancora che eravamo entrati nello studio.
E prima che potessi rendermene conto mi trovai un folletto appeso alle spalle. Lo riconobbi per i capelli gialli come un evidenziatore. -Kiro!!!- esclamai, perentorio.
Quello non si staccava. Era peggio di un mollusco quando faceva il sentimentale. E il braccio non mi aiutò, quindi dovetti rassegnarmi ad aspettare che quella cosa si staccasse.
Lo fece dieci secondi dopo. -Cavolo, mi sei mancato!!!- esclamò con gli occhi umidi. Riusciva sempre ad intenerirmi, nonostante la stizza iniziale.
Spuntò Squeal, sorridendo divertito dalla scena e con le braccia incrociate. Il suo sorrisetto obliquo mi infastidiva. -Non parlava d'altro, voleva rivederti.-
-L'ho notato!- brontolai io guardandomi in giro. Ma dov'era Yu? E soprattutto, perchè lo stavo cercando?
Squeal evidentemente capì i miei pensieri. -Yu non c'è.-
Impiegai qualche secondo ad afferrare le sue parole. I ragazzi erano in studio e lui no? Ma quando mai?!?! Questa non si era mai sentita. Evidentemente si era inventato un impegno assurdo per non vedermi.
Bene, era quello che volevo. E allora perchè mi sentivo così male?
Feci le spallucce, in quel momento non dovevo pensarci. Mi voltai verso Andreas. -Allora? Diamoci da fare.-
Un lato positivo dell'assenza di Yu fu il fatto che non ebbi distrazioni. Giudicare un pezzo di batteria era molto difficile, perchè bisognava prestare attenzione alle singole parti, per verificare che andasse a tempo senza sbagliare il ritmo, ma allo stesso tempo rimanere concentrato sul pezzo di insieme. E non ce l'avrei fatta con gli occhi di Yu addosso.
Andreas andò molto bene. Aveva una specie di dono per la batteria, ed ero soddisfatto che fosse lui a sostituirmi.
Ma questa soddisfazione non bastava a colmare il vuoto che avevo nel cuore.
Quando uscimmo dallo studio di registrazione era già tarda sera. Salutai i ragazzi, poi mi avviai per la strada di casa.
Solo quando ero arrivato davanti alla fermata della metro mi ricordai che a quell'ora era già chiusa: magnifico, avrei dovuto attraversare Berlino a piedi e di notte. Che merlo.
Vabbè, me ne erano capitate di peggiori. Non mi scoraggiai e imboccai la strada per casa, pieno di buone intenzioni e determinazione, che però durarono si e no due minuti.
Giunto in un parco lì vicino, infatti, avevo capito che non sarei arrivato a casa tanto presto, sia perchè era lontana, sia perchè ero anche stanco.
Cominciavo a contemplare seriamente l'ipotesi di dormire su una panchina. Non poteva essere così male.
Evidentemente dovevo essere andato fuori di testa, ma in quel momento mi sembrò addirittura una buona idea.
Mi addentrai nella boscaglia del parchetto, cercando una panchina abbastanza isolata, in un luogo tranquillo, magari vicino ad un lampione. Quando ne trovai una soddisfacente, mi tolsi il cappotto, che era infilato solo nel braccio sinistro, mi sdraiai sulle assi di legno e mi coprii, rabbrividendo al contatto col legno freddo.
Rimasi rannicchiato circa dieci minuti, quando lentamente il freddo che mi era penetrato nelle ossa cominciò a scemare. Il tremore che mi scuoteva i muscoli diminuì d'intensità e la mente fu libera di vagare altrove. E vagò in una direzione in cui non doveva vagare.
Sentii delle lacrime bagnarmi le guance solo quando il freddo della notte le raggelò, provocandomi altri brividi. Strinsi i denti e gemetti, scosso ora dai singhiozzi, ora dal freddo. Insomma, era pur sempre inverno.
All'improvviso non mi sembrò più un idea tanto geniale. Avrei voluto veder comparire Yu, come un cavaliere senza macchia e senza paura, venuto per riportarmi a casa.
Invece vidi comparire una zingara, che superò la soglia d'ombra pochi secondi dopo. Sembrava un pneumatico con le catene, tanto era imbacuccata.
Spinto dalla diffidenza, chiusi gli occhi, deciso ad aspettare fino a che non sarebbe passata oltre. Avrei dovuto aspettarmi la presenza di altri senza tetto. Peccato che io un tetto ce lo avevo.
-Ehi...- La voce era roca, giovane ma allo stesso tempo stanca. Non risposi, non aprii neanche gli occhi. -Non fare finta di dormire. Sei nuovo?-
La ignorai.
-Guarda che non sono una ladra. Ad occhio e croce non hai niente che valga la pena di rubarti, quindi puoi stare tranquillo.-
La ignorai ancora.
-E non ti violento mica, preferisco uomini con la barba e i baffi, non sei il mio tipo.-
Trattenni una risatina, ma la ignorai ancora.
-E non ti rapirò, dopotutto, se facessi parte di un traffico d'uomini, non ne sceglierei col braccio fasciato e così magrolini.-
Bene, aveva risposto a tutte le mie paure. Non avevo motivo per ignorarla. Magari non voleva farmi niente davvero.
La curiosità ebbe la meglio ed aprii gli occhi.
Una cosa che notai subito furono le rughe che le segnavano il volto apparentemente giovane. Poteva avere vent'anni ma ne dimostrava trenta di più. I capelli neri erano arruffati e la pelle olivastra era come fango secco percorso da crepe.
Crepe che sembrarono picchiettare quando sorrise, mostrando una sfilza di denti non proprio sani. -Allora non sei anche sordo.-
Sospirai e spostai il peso sul gomito sinistro. -Tim, piacere.- Non tesi la mano, in segno di cortesia, perchè era l'ultima cosa di cui avevo voglia.
-Piacere, sono Franziska.- Lei sembrava della stessa opinione. Con un movimento fluido si sedette a terra e incrociò le gambe. -Allora? Sei nuovo?-
Feci un mezzo sorriso. -Come l'hai capito?-
Indicò con un cenno la mia giacca. -Di solito quelli nuovi usano la giacca come coperta, invece di tenerla addosso. Fate tutti così, ed è una cosa stupida.-
Riflettei una frazione di secondo ed annuii, aveva ragione. -C'hai azzeccato.-
Mi scrutò con più attenzione. I suoi occhi quasi neri mi sondavano implacabili. -Ma non sei un senza tetto vero?-
-Cosa te lo fa pensare?-
Mi indicò la faccia. -Sei truccato di tutto punto, i capelli sono pieni di gel e piastrati...- spostò lo sguardo sui pantaloni.- ...jeans borchiati e di marca, all stars ai piedi.... i senza tetto non si agghindano così, hanno ben altro a cui pensare.-
Ero colpito dalla sua capacità di osservazione. Chissà da quanto viveva così. Chissà quanti anni aveva, pensai con malinconia. Mi misi seduto, stuzzicato. -Hai ancora ragione. Diciamo che vivo dall'altra parte di Berlino ed è tardi. Così mi sono fermato qui.-
Lei scoppiò a ridere. -Mi sembra giusto.- Ci fu qualche secondo di silenzio, scandito dal rumore di Franziska che si scaldava le mani sfregandole. -Prima ti ho sentito singhiozzare. Va tutto bene? Il braccio ti da problemi?-
-No, no, niente. Va tutto bene.- Non riuscivo a convincere neanche me stesso. Senza troppi complimenti, si sedette sulla metà di panchina lasciata libera, fissandomi. -Che c'è?- domandai, infastidito.
-Mi incuriosisci..... Tim. Dai, dimmi perchè piangevi, tanto probabilmente non ci rivedremo più dopo questa notte.-
Il suo ragionamento non faceva una grinza. Dopotutto, forse poteva darmi qualche suggerimento. Tanto valeva provare.
Sospirai. -E va bene, vuoto il sacco.- Lei si agitò sulla panchina, interessata. -Diciamo che mi piace un ragazzo.....-
Lei sobbalzò. Evvai, cominciamo bene. Con voce strozzata esclamò: -Ma questo è....-
-....impossibile??- domandai, un po' incazzato. Non ero in vena di sorbirmi ramanzine su cosa è pudico e cosa no.
Lei si morse il lato destro del labbro inferiore, spostando il suo sguardo dalle assi di legno verniciate a me, a ripetizione, per qualche minuto. -Scusa, ignorami. Non ci si abitua mai a certe cose.-
La fulminai con lo sguardo. Già avevo avuto difficoltà ad ammetterlo a me stesso, quando lo avevo capito. Se ora ci si metteva anche lei....
In propria difesa, alzò le mani, i palmi rivolti verso di me. -Sai benissimo che per le persone non è normale. Non è normale per me. Non dico che sia sbagliato, ma solo che è.... diverso. E lo pensano tutti, l'unica differenza è che io ho abbastanza coerenza di ammetterlo.-
Arricciai le labbra. In fondo aveva ragione. E tre. Avrebbe smesso di sparare pillole di saggezza? Dov'era il tasto di spegnimento?
-Continua, ti prego.-
Le sue parole mi riportarono coi piedi per terra. Ripercorsi il filo dei miei pensieri fino a tornare al punto in cui avevo interrotto la storia. Feci una smorfia, quando ricordai cosa stavo per raccontare.
Mi schiarii la voce. -Questo ragazzo è un mio carissimo amico, quasi un fratello.- Contai mentalmente quanti giorni prima era successo il fattaccio. Mi vennero le vertigini. -Due sere fa siamo andati assieme in un locale di streap tease... e.... beh, diciamo che ha accettato di buon grado le avance di una dipendente.-
Franziska mi fissava come se si aspettasse dell'altro. Quando sembrò capire che non avrei più parlato, domandò: -E...? Ci sarà pure dell'altro!-
Feci le spallucce. -Cosa vuoi che ci sia, dopotutto ho solo visto l'uomo che amo amoreggiare con una puttana in mia presenza.-
-E lo stai evitando per questo?-
Possibile che fossi così trasparente? Magari leggeva nel pensiero? Ma certo!!.... Dovevo essere proprio sconvolto.
-Ha importanza?-
Lei rimase qualche secondo a riflettere, mordicchiandosi ritmicamente le labbra. -Ma scusa lui non sa quello che provi per lui. Come faceva a sapere che ti avrebbe ferito?-
-Non è quello.- Credevo che lo stessi evitando per quel motivo, ma in realtà la ragione era un altra ed era mille volte peggio. Anche solo pensarci mi faceva venire le lacrime. -Vederlo così... così, insomma, mi ha fatto capire quello che vuole, come siamo diversi. Lui non proverà mai per me qualcosa di più dell'amicizia. Lui ha ben chiaro quello che è, e il suo modo di essere attuale non include me al suo fianco. Tutto qua.-
-E pensi che evitandolo risolverai tutto?-
-Ci spero.- mentii spudoratamente. In realtà non avevo il coraggio di guardarlo di nuovo in faccia, di assistere ad un altra scena analoga che mi schiaffasse in faccia quanto fossi senza speranze.
-E l'ha fatto?-
-Come?-
-L'ha risolto? Tu sei felice? Lui è felice?- Sembrava una psicologa che stava portando il paziente alla conclusione giusta.
Inutile rispondere. Mi si vedeva in faccia che ero uno straccio. Un mio sguardo fu più che sufficiente. Ma parlai lo stesso, forse per colmare il silenzio. -Io non lo sono. Lui non lo è. Ma adesso sembra aver capito che qualcosa non va e mi sta evitando a sua volta.- Pronunciare quella frase mi procurò fitte allo stomaco.
-Ti vuole bene. Siete come fratelli, l'hai detto tu. E se ti stesse evitando per lasciarti sbollire? Probabilmente ha capito che hai un problema e non vuole interferire con la sua risoluzione.-
-Forse, probabilmente, se! Queste sono tutte supposizioni!- sbottai, urlando nella notte. Le fontanelle si riaprirono e le lacrime ricominciarono a scorrere. Franziska mi guardava imperterrita.
Rimasi accovacciato, rannicchiato sotto il cappotto a piangere, la fronte premuta sulle ginocchia, per un tempo che mi parve un eternità. Quando i miei singhiozzi furono coperti dal silenzio, sentii Franziska schiarirsi la voce.
-Ti dirò una cosa, Tim: quando la mia sopravvivenza dipende dalla mia capacità di cogliere le occasioni, non posso permettermi certi lussi come offendermi o evitare qualcuno: tutte stronzate. Quando, come me, ogni giorno potrebbe essere l'ultimo, non c'è posto per l'orgoglio. Potrei riassumere il mio pensiero con un motto che di sicuro conosci: carpe diem.-
Ci fu qualche secondo di silenzio. Non perchè fossi colpito dalla saggezza delle sue parole, ma perchè a quell'ora (chissà che ora era) la mia capacità di assimilazione andava a rilento. La guardai, le lacrime che mi inumidivano le palpebre coperte di kajal sbavato. -Perchè mi dici questo?-
Sbuffò, scortesemente, e si alzò. -Qualsiasi cosa questo ragazzo ti abbia fatto, non fargli del male come lui ha fatto a te. Non fartene. E digli quello che provi, perchè se non lo farai potresti pentiertene per il resto della tua vita. E se andrà male... almeno ci avrai provato. Questo è il mio consiglio.- e così dicendo se ne andò.
-Aspetta! Franziska, aspetta!- esclamai, ma quando mi alzai per rincorrerla mi accorsi che aveva già superato la soglia d'ombra, sparendo dalla vegetazione.
Come un bizzarro angelo custode, era apparsa per poi sparire.