CrushCrush, Yaoi

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Giuly 483
view post Posted on 24/2/2009, 20:52




Lo so sono scostante nel mettere i capitoli scusate ç.ç


Quella notte non dormii. Avendo già fatto il pieno nel pomeriggio, rimasi tutto il tempo a contare le pecorelle. Quando arrivai a 10.000 mi accorsi del sole che filtrava dalle tende rosse. Guardai la sveglia. Le sei di mattina.
Avevo ancora le palpebre umide per la sera prima. Appena ero entrato mi ero gettato sul letto ed ero scoppiato a piangere, non ricordavo più per quanto. Per tanto tempo, di sicuro.
Le parole di Yu mi graffiavano il cuore come pugnali e si aggrappavano con gli artigli ai miei pensieri, smembrando la mia mente. Era una tortura a cui non riuscivo a sottrarmi.
Mi trascinai in cucina e quando aprii il frigo mi venne in mente un crudele pensiero, guardando gli scaffali vuoti.




Dovevo fare la spesa.




In effetti non era una cattiva idea. Per dimenticare quello che era successo avrei fatto volentieri anche la spesa.
Porco cane se ero ridotto male.
Rimasi un ora a guardare la tv, perchè dubitavo fortemente che alle sei ci fosse un supermercato aperto, poi allo scoccare delle sette scattai in piedi ed uscii dall'appartamento.
Ed ecco lì Irina, come al solito. Vedendo il mio braccio fasciato si allarmò. -Tutto bene???- domandò, alzandosi e aprendomi la porta. Il fatto che una vecchietta decrepita stesse aprendo la porta ad un uomo di dician.. vent'anni era comico quanto ridicolo. E quell'uomo ero io. Evvai.
-Sì, non preoccuparti. Solo, sono andato l'ospedale per farmi controllare. La sua assistenza di fortuna è stata molto utile, però avevo bisogno di cure professionali.- dissi, cercando di non offenderla.
Lei sorrise. Per fortuna non era permalosa. -Certo. Pensavo fosse successo qualcos'altro.-
Stavo per replicare "Peggio di così non potrebbe!" ma mi morsi la lingua. Irina poteva anche essere buona e gentile, ma la sua parlantina era galattica e non volevo mandarmi al patibolo da solo. O meglio, non in quel modo. C'erano tecniche più veloci e indolori.
Arrivai al supermercato più vicino, cinquecento metri più avanti lungo Kollwitz Strasse. Per fortuna era aperto, anche se deserto.
Evidentemente le persone normali avevano altro da fare. Ero io l'unico coglione di tutta Berlino ad andare al supermercato alle sette di mattina.
Ne uscii circa un'ora dopo. Un dettaglio a cui non avevo pensato era, infatti, che potevo usufruire solo di un braccio. E non era molto comodo guidare i carrelli con un braccio solo. Faticavo il doppio col risultato di dare incornate continue agli scaffali.
E come avrei fatto a trasportare due buste della spesa di due quintali ciascuno per mezzo chilometro con una mano sola? Bello scemo, sembrava non mangiassi da quattro mesi. O che stessi per partire per Timbuctù (non so neanche come si scrive).
Vabbè, una alla volta, ce l'avrei fatta. Sempre che qualche gatto non mi fregasse il pesce.
Afferrai la prima busta e percorsi un tratto di circa venti metri. La poggiai a terra e tornai indietro, afferrando l'altra.
Feci così cinque volte, quando mi accorsi con sofferenza che ero solo ad un quinto della strada. Il braccio mi stava andando in cancrena, come avrei fatto?
Stavo già per bestemmiare in tutte le lingue conosciute e non, quando una mano entrò nel mio campo visivo e afferrò il sacchetto alla mia sinistra.
Alzai lo sguardo per affrontare (si fa per dire) il ladro.
Aggrottai le sopracciglia.
Il ragazzo che avevo davanti era pallido, pallidissimo, quasi di una malsana sfumatura giallognola, che però non gli dava un aspetto malato. I suoi occhi bianchi (lenti a contatto, di sicuro) mi fecero venire un brivido, contrastati da pupille straordinariamente nere e grandi.
I capelli erano neri e raccolti in punte sparate verso la sua sinistra. I lobi delle orecchie erano dilatati (ad occhio e croce pensai 8 millimetri) e l'arcata sopraccigliare destra era segnata da un piercing a forma di anello.
Lo trovai subito un gran figo. Se non fossi stato in ballo con Yu ci avrei fatto un pensierino. Poi mi cadde lo sguardo sui suoi bicipiti. Chiunque avesse le braccia così sviluppate poteva essere solo.....
Mi raddrizzai e mi voltai. Come immaginavo.
Sorrisi e tesi il braccio sano. -Buongiorno.-
-Ciao, disertore!- esclamò Strify stringendo la mia mano sinistra. Indicò con un cenno il braccio destro. -Come va? Meglio?-
-Non va meglio di diciotto ore fa.- risposi io con più veleno nella voce di quanto avrei voluto.
Strify fece le spallucce (era abituato a questi miei attacchi di sarcasmo) e indicò il ragazzo misterioso che mi aveva preso la busta della spesa. Era alto qualche centimetro più di me, e forse magro anche di più. -Lui è Andreas, il tuo sostituto.-
Quella frase provocò in me reazioni contrastanti. La prima fu approvazione: lui andava certamente bene per l'aspetto fisico. Ma la seconda fu offesa, la sensazione di essere messo da parte. Sapevo che era irrazionale e che era quella la soluzione giusta che io stesso avevo proposto, ma non riuscivo a non pensarci.
Sentendo la parola "sostituto" Andreas sorrise, mostrando una tastiera di trentadue denti anche più bianchi della pelle. Mi venne il dubbio che fosse albino. -Sostituto è una parola grossa.- commentò lui. Aveva una vocina acuta, quasi buffa. Sorrisi. L'irritazione svanì, rimpiazzata da una simpatia istintiva.
-Beh, benvenuto a bordo!- esclamai dandogli una pacca sulla spalla ossuta. -Siete venuti perchè...?- domandai, rivolto a Strify.
-Sai, noi non siamo così bravi alla batteria per giudicare se è davvero idoneo. Bisognerebbe che tu venissi allo studio per vederlo all'opera. La sua presenza qui è una vera fortuna, Kiro si è ricordato all'improvviso di lui a causa di un amico che hanno in comune, e quindi gli abbiamo chiesto un favore. Serve rendere ufficiale la cosa.-
-Ah, d'accordo. Se mi aiutate a portare questa roba a casa, vengo con voi con piacere.- Le ultime due parole furono la bufala più grossa della mia vita: studio uguale Yu.
Perfetto.
Ma dopotutto come avrei potuto rifiutare?



(d'ora in poi ne metterò uno al giorno U___U)
 
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view post Posted on 24/2/2009, 21:05

SUGAAA~!

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uhm mi intriga questa ff
continuaaaaaaaa
 
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view post Posted on 24/2/2009, 21:29
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a ColD HearT is a DeaD HearT

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arrivata solo ora e letta tutta d'un fiato! santo cielo è bellissima.. scrivi veramente benissimo io non li so mica descrivere così bene i posti.. mmmm.. va beh pazienza ^^
comunque.. continua prestissimo perchè mi piace proprio tanto questa ff!!!
 
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-->VoY<--
view post Posted on 25/2/2009, 19:24




e io non mi posso perdere la ff della giuly!!!!!!!!!
continuaaaaaaa *cipollino che suona l'arpetta* xD
è fantastica *.*
 
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Giuly 483
view post Posted on 25/2/2009, 19:29




Come promesso, una volta al giorno ^_^


Lasciate le buste della spesa nel mio appartamento, e dopo aver presentato Strify e Andreas ad Irina (i cinque minuti più imbarazzanti della giornata), arrivammo alla Universal. Io speravo con tutto il cuore che non ci fosse Yu: Kiro e Squeal ancora ancora, ma non lui. Non lui.
Rivedere Kathia, la segretaria iperattiva, mi aiutò a sciogliere un poco la tensione, che però tornò quando entrammo in ascensore. Mentre guardavo i numeri dei vari piani accendersi mi sembrava di sentire una musica da funerale in sottofondo. Ma guardare i volti indifferenti di Andreas e Strify mi fece capire che stavo dando fuori di matto.


Quando le porte si aprirono sul terzo piano, trattenni il respiro. La porta dello studio di registrazione era aperta. Brutto segno. Voleva dire che non c'eravamo solo noi, che c'era via-vai. Che c'era Yu.
Percorsi il corridoio stando nascosto dietro le spalle di Andreas, il quale non fece caso al mio comportamento. Sorridevo a denti stretti a chiunque, lungo il tragitto, mi salutasse, facendomi qualche raccomandazione sul mio braccio da cento mila euro l'anno. Strify capitanava il gruppo con ostentata sicurezza, forse per fare colpo su Andreas, che non era mai venuto lì e si guardava attorno un po' smarrito. Mi ritrovai a chiedermi quanti anni avesse.
-Andreas...- cominciai, restando nascosto dietro di lui. Dovevo distrarmi in un modo, qualunque modo, anche il più patetico. Ecco, patetico era la parola giusta.
-Sì?- domandò lui guardandomi.
Io boccheggiai, schiacciato dalle lenti a contatto bianche. Erano davvero inquietanti. -Sono lenti, vero?- domandai con l'indice puntato verso i suoi occhi.
Lui scoppiò a ridere e mi guardò ammiccante. -Sai che sono albino?-
Bingo. Avevo indovinato. Però non rispondeva alla mia domanda, di sicuro di proposito. Forse era uno di quei tipi che volevano mantenere un po' di mistero attorno a sè.
Non ebbi il tempo di domandare ancora che eravamo entrati nello studio.
E prima che potessi rendermene conto mi trovai un folletto appeso alle spalle. Lo riconobbi per i capelli gialli come un evidenziatore. -Kiro!!!- esclamai, perentorio.
Quello non si staccava. Era peggio di un mollusco quando faceva il sentimentale. E il braccio non mi aiutò, quindi dovetti rassegnarmi ad aspettare che quella cosa si staccasse.
Lo fece dieci secondi dopo. -Cavolo, mi sei mancato!!!- esclamò con gli occhi umidi. Riusciva sempre ad intenerirmi, nonostante la stizza iniziale.
Spuntò Squeal, sorridendo divertito dalla scena e con le braccia incrociate. Il suo sorrisetto obliquo mi infastidiva. -Non parlava d'altro, voleva rivederti.-
-L'ho notato!- brontolai io guardandomi in giro. Ma dov'era Yu? E soprattutto, perchè lo stavo cercando?
Squeal evidentemente capì i miei pensieri. -Yu non c'è.-
Impiegai qualche secondo ad afferrare le sue parole. I ragazzi erano in studio e lui no? Ma quando mai?!?! Questa non si era mai sentita. Evidentemente si era inventato un impegno assurdo per non vedermi.
Bene, era quello che volevo. E allora perchè mi sentivo così male?
Feci le spallucce, in quel momento non dovevo pensarci. Mi voltai verso Andreas. -Allora? Diamoci da fare.-



Un lato positivo dell'assenza di Yu fu il fatto che non ebbi distrazioni. Giudicare un pezzo di batteria era molto difficile, perchè bisognava prestare attenzione alle singole parti, per verificare che andasse a tempo senza sbagliare il ritmo, ma allo stesso tempo rimanere concentrato sul pezzo di insieme. E non ce l'avrei fatta con gli occhi di Yu addosso.
Andreas andò molto bene. Aveva una specie di dono per la batteria, ed ero soddisfatto che fosse lui a sostituirmi.
Ma questa soddisfazione non bastava a colmare il vuoto che avevo nel cuore.



Quando uscimmo dallo studio di registrazione era già tarda sera. Salutai i ragazzi, poi mi avviai per la strada di casa.
Solo quando ero arrivato davanti alla fermata della metro mi ricordai che a quell'ora era già chiusa: magnifico, avrei dovuto attraversare Berlino a piedi e di notte. Che merlo.
Vabbè, me ne erano capitate di peggiori. Non mi scoraggiai e imboccai la strada per casa, pieno di buone intenzioni e determinazione, che però durarono si e no due minuti.
Giunto in un parco lì vicino, infatti, avevo capito che non sarei arrivato a casa tanto presto, sia perchè era lontana, sia perchè ero anche stanco.
Cominciavo a contemplare seriamente l'ipotesi di dormire su una panchina. Non poteva essere così male.
Evidentemente dovevo essere andato fuori di testa, ma in quel momento mi sembrò addirittura una buona idea.
Mi addentrai nella boscaglia del parchetto, cercando una panchina abbastanza isolata, in un luogo tranquillo, magari vicino ad un lampione. Quando ne trovai una soddisfacente, mi tolsi il cappotto, che era infilato solo nel braccio sinistro, mi sdraiai sulle assi di legno e mi coprii, rabbrividendo al contatto col legno freddo.
Rimasi rannicchiato circa dieci minuti, quando lentamente il freddo che mi era penetrato nelle ossa cominciò a scemare. Il tremore che mi scuoteva i muscoli diminuì d'intensità e la mente fu libera di vagare altrove. E vagò in una direzione in cui non doveva vagare.
Sentii delle lacrime bagnarmi le guance solo quando il freddo della notte le raggelò, provocandomi altri brividi. Strinsi i denti e gemetti, scosso ora dai singhiozzi, ora dal freddo. Insomma, era pur sempre inverno.
All'improvviso non mi sembrò più un idea tanto geniale. Avrei voluto veder comparire Yu, come un cavaliere senza macchia e senza paura, venuto per riportarmi a casa.
Invece vidi comparire una zingara, che superò la soglia d'ombra pochi secondi dopo. Sembrava un pneumatico con le catene, tanto era imbacuccata.
Spinto dalla diffidenza, chiusi gli occhi, deciso ad aspettare fino a che non sarebbe passata oltre. Avrei dovuto aspettarmi la presenza di altri senza tetto. Peccato che io un tetto ce lo avevo.
-Ehi...- La voce era roca, giovane ma allo stesso tempo stanca. Non risposi, non aprii neanche gli occhi. -Non fare finta di dormire. Sei nuovo?-
La ignorai.
-Guarda che non sono una ladra. Ad occhio e croce non hai niente che valga la pena di rubarti, quindi puoi stare tranquillo.-
La ignorai ancora.
-E non ti violento mica, preferisco uomini con la barba e i baffi, non sei il mio tipo.-
Trattenni una risatina, ma la ignorai ancora.
-E non ti rapirò, dopotutto, se facessi parte di un traffico d'uomini, non ne sceglierei col braccio fasciato e così magrolini.-
Bene, aveva risposto a tutte le mie paure. Non avevo motivo per ignorarla. Magari non voleva farmi niente davvero.
La curiosità ebbe la meglio ed aprii gli occhi.
Una cosa che notai subito furono le rughe che le segnavano il volto apparentemente giovane. Poteva avere vent'anni ma ne dimostrava trenta di più. I capelli neri erano arruffati e la pelle olivastra era come fango secco percorso da crepe.
Crepe che sembrarono picchiettare quando sorrise, mostrando una sfilza di denti non proprio sani. -Allora non sei anche sordo.-
Sospirai e spostai il peso sul gomito sinistro. -Tim, piacere.- Non tesi la mano, in segno di cortesia, perchè era l'ultima cosa di cui avevo voglia.
-Piacere, sono Franziska.- Lei sembrava della stessa opinione. Con un movimento fluido si sedette a terra e incrociò le gambe. -Allora? Sei nuovo?-
Feci un mezzo sorriso. -Come l'hai capito?-
Indicò con un cenno la mia giacca. -Di solito quelli nuovi usano la giacca come coperta, invece di tenerla addosso. Fate tutti così, ed è una cosa stupida.-
Riflettei una frazione di secondo ed annuii, aveva ragione. -C'hai azzeccato.-
Mi scrutò con più attenzione. I suoi occhi quasi neri mi sondavano implacabili. -Ma non sei un senza tetto vero?-
-Cosa te lo fa pensare?-
Mi indicò la faccia. -Sei truccato di tutto punto, i capelli sono pieni di gel e piastrati...- spostò lo sguardo sui pantaloni.- ...jeans borchiati e di marca, all stars ai piedi.... i senza tetto non si agghindano così, hanno ben altro a cui pensare.-
Ero colpito dalla sua capacità di osservazione. Chissà da quanto viveva così. Chissà quanti anni aveva, pensai con malinconia. Mi misi seduto, stuzzicato. -Hai ancora ragione. Diciamo che vivo dall'altra parte di Berlino ed è tardi. Così mi sono fermato qui.-
Lei scoppiò a ridere. -Mi sembra giusto.- Ci fu qualche secondo di silenzio, scandito dal rumore di Franziska che si scaldava le mani sfregandole. -Prima ti ho sentito singhiozzare. Va tutto bene? Il braccio ti da problemi?-
-No, no, niente. Va tutto bene.- Non riuscivo a convincere neanche me stesso. Senza troppi complimenti, si sedette sulla metà di panchina lasciata libera, fissandomi. -Che c'è?- domandai, infastidito.
-Mi incuriosisci..... Tim. Dai, dimmi perchè piangevi, tanto probabilmente non ci rivedremo più dopo questa notte.-
Il suo ragionamento non faceva una grinza. Dopotutto, forse poteva darmi qualche suggerimento. Tanto valeva provare.
Sospirai. -E va bene, vuoto il sacco.- Lei si agitò sulla panchina, interessata. -Diciamo che mi piace un ragazzo.....-
Lei sobbalzò. Evvai, cominciamo bene. Con voce strozzata esclamò: -Ma questo è....-
-....impossibile??- domandai, un po' incazzato. Non ero in vena di sorbirmi ramanzine su cosa è pudico e cosa no.
Lei si morse il lato destro del labbro inferiore, spostando il suo sguardo dalle assi di legno verniciate a me, a ripetizione, per qualche minuto. -Scusa, ignorami. Non ci si abitua mai a certe cose.-
La fulminai con lo sguardo. Già avevo avuto difficoltà ad ammetterlo a me stesso, quando lo avevo capito. Se ora ci si metteva anche lei....
In propria difesa, alzò le mani, i palmi rivolti verso di me. -Sai benissimo che per le persone non è normale. Non è normale per me. Non dico che sia sbagliato, ma solo che è.... diverso. E lo pensano tutti, l'unica differenza è che io ho abbastanza coerenza di ammetterlo.-
Arricciai le labbra. In fondo aveva ragione. E tre. Avrebbe smesso di sparare pillole di saggezza? Dov'era il tasto di spegnimento?
-Continua, ti prego.-
Le sue parole mi riportarono coi piedi per terra. Ripercorsi il filo dei miei pensieri fino a tornare al punto in cui avevo interrotto la storia. Feci una smorfia, quando ricordai cosa stavo per raccontare.
Mi schiarii la voce. -Questo ragazzo è un mio carissimo amico, quasi un fratello.- Contai mentalmente quanti giorni prima era successo il fattaccio. Mi vennero le vertigini. -Due sere fa siamo andati assieme in un locale di streap tease... e.... beh, diciamo che ha accettato di buon grado le avance di una dipendente.-
Franziska mi fissava come se si aspettasse dell'altro. Quando sembrò capire che non avrei più parlato, domandò: -E...? Ci sarà pure dell'altro!-
Feci le spallucce. -Cosa vuoi che ci sia, dopotutto ho solo visto l'uomo che amo amoreggiare con una puttana in mia presenza.-
-E lo stai evitando per questo?-
Possibile che fossi così trasparente? Magari leggeva nel pensiero? Ma certo!!.... Dovevo essere proprio sconvolto.
-Ha importanza?-
Lei rimase qualche secondo a riflettere, mordicchiandosi ritmicamente le labbra. -Ma scusa lui non sa quello che provi per lui. Come faceva a sapere che ti avrebbe ferito?-
-Non è quello.- Credevo che lo stessi evitando per quel motivo, ma in realtà la ragione era un altra ed era mille volte peggio. Anche solo pensarci mi faceva venire le lacrime. -Vederlo così... così, insomma, mi ha fatto capire quello che vuole, come siamo diversi. Lui non proverà mai per me qualcosa di più dell'amicizia. Lui ha ben chiaro quello che è, e il suo modo di essere attuale non include me al suo fianco. Tutto qua.-
-E pensi che evitandolo risolverai tutto?-
-Ci spero.- mentii spudoratamente. In realtà non avevo il coraggio di guardarlo di nuovo in faccia, di assistere ad un altra scena analoga che mi schiaffasse in faccia quanto fossi senza speranze.
-E l'ha fatto?-
-Come?-
-L'ha risolto? Tu sei felice? Lui è felice?- Sembrava una psicologa che stava portando il paziente alla conclusione giusta.
Inutile rispondere. Mi si vedeva in faccia che ero uno straccio. Un mio sguardo fu più che sufficiente. Ma parlai lo stesso, forse per colmare il silenzio. -Io non lo sono. Lui non lo è. Ma adesso sembra aver capito che qualcosa non va e mi sta evitando a sua volta.- Pronunciare quella frase mi procurò fitte allo stomaco.
-Ti vuole bene. Siete come fratelli, l'hai detto tu. E se ti stesse evitando per lasciarti sbollire? Probabilmente ha capito che hai un problema e non vuole interferire con la sua risoluzione.-
-Forse, probabilmente, se! Queste sono tutte supposizioni!- sbottai, urlando nella notte. Le fontanelle si riaprirono e le lacrime ricominciarono a scorrere. Franziska mi guardava imperterrita.
Rimasi accovacciato, rannicchiato sotto il cappotto a piangere, la fronte premuta sulle ginocchia, per un tempo che mi parve un eternità. Quando i miei singhiozzi furono coperti dal silenzio, sentii Franziska schiarirsi la voce.
-Ti dirò una cosa, Tim: quando la mia sopravvivenza dipende dalla mia capacità di cogliere le occasioni, non posso permettermi certi lussi come offendermi o evitare qualcuno: tutte stronzate. Quando, come me, ogni giorno potrebbe essere l'ultimo, non c'è posto per l'orgoglio. Potrei riassumere il mio pensiero con un motto che di sicuro conosci: carpe diem.-
Ci fu qualche secondo di silenzio. Non perchè fossi colpito dalla saggezza delle sue parole, ma perchè a quell'ora (chissà che ora era) la mia capacità di assimilazione andava a rilento. La guardai, le lacrime che mi inumidivano le palpebre coperte di kajal sbavato. -Perchè mi dici questo?-
Sbuffò, scortesemente, e si alzò. -Qualsiasi cosa questo ragazzo ti abbia fatto, non fargli del male come lui ha fatto a te. Non fartene. E digli quello che provi, perchè se non lo farai potresti pentiertene per il resto della tua vita. E se andrà male... almeno ci avrai provato. Questo è il mio consiglio.- e così dicendo se ne andò.
-Aspetta! Franziska, aspetta!- esclamai, ma quando mi alzai per rincorrerla mi accorsi che aveva già superato la soglia d'ombra, sparendo dalla vegetazione.
Come un bizzarro angelo custode, era apparsa per poi sparire.
 
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view post Posted on 25/2/2009, 20:29

SUGAAA~!

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perché Yu non era in studio??? O_____________O
continuaaaaaaaaaa
 
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Giuly 483
view post Posted on 25/2/2009, 20:44




CITAZIONE (*YuKiTa_ScLeRa369* @ 25/2/2009, 20:29)
perché Yu non era in studio??? O_____________O
continuaaaaaaaaaa

Tranquilla non c'è dietro nessuna oscura motivazione, semplicemente l'ha fatto per paura di affrontare Shin ^_____^
 
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Yeah~
view post Posted on 25/2/2009, 21:27




CITAZIONE (« Y u m i @ 25/2/2009, 20:44)
CITAZIONE (*YuKiTa_ScLeRa369* @ 25/2/2009, 20:29)
perché Yu non era in studio??? O_____________O
continuaaaaaaaaaa

Tranquilla non c'è dietro nessuna oscura motivazione, semplicemente l'ha fatto per paura di affrontare Shin ^_____^

SPOILER (click to view)
c'ha avuto strizza eh?! xDDD
 
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Giuly 483
view post Posted on 25/2/2009, 21:28




CITAZIONE (Yeah~ @ 25/2/2009, 21:27)
SPOILER (click to view)
c'ha avuto strizza eh?! xDDD

Yeah xDDD
 
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-->VoY<--
view post Posted on 26/2/2009, 18:59




ç_ç a me fa tenerezza povero shin...
continua...
 
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Giuly 483
view post Posted on 26/2/2009, 20:03




Sentii qualcosa picchiettare contro la mia spalla. Grugnii e brontolai qualche parola indistinta, senza capirne una sillaba. Mi girai dall'altra parte e agitai la mano sinistra per scacciare lo scocciatore di turno. Quando la mia guancia sfregò contro il legno ruvido, come un flash, mi tornò tutto in mente.
Spalancai gli occhi e mi girai, sbattendo qualche volta le palpebre a causa della luce del sole. Il sole... che ora era?
Vidi un uomo vestito in modo strano che mi punzecchiava con un bastone, ma i miei occhi stanchi distinguevano a malapena i suoi tratti contro la luce. Stava dicendo qualcosa. -Non è mica un albergo, giovanotto!! Se ne vada, e alla svelta!-
Lo fissai. Sinceramente, le parole erano entrate da un orecchio ed uscite dall'altro. Avevo sentito quello che aveva detto, ma non riuscivo a dare senso logico alla sua frase. Non capivo veramente cosa intendesse. Come alle lezioni di matematica al liceo all'ultima ora.
Quello si innervosì e mi colpi più forte. -Se ne vada, o chiamerò la polizia!!!-
Compresi solo l'ultima parola, ma fu abbastanza per capire. I modi non proprio gentili dell'energumeno confermavano la mia supposizione: meglio filare.
In maniera estremamente scoordinata, mi alzai, reggendomi alla panchina, e mi allontanai, barcollando manco fossi ubriaco. Improvvisamente mi resi conto di come dovevo essere ridotto la sera prima per aver anche solo pensato di dormire per strada. Maluccio.
Se non altro ora la metro era aperta. Raggiunta la linea giusta, appresi che erano circa le undici di mattina. Cercai di non pensare a quanto avevo dormito e presi il mio treno.
Peccato che rimasi nella metro un'ora e mezza: mi addormentai sul mio sedile e arrivai fino al capolinea. Quando uscii era mezzogiorno passato e barcollavo come un ubriaco. Che tristezza.



Passò una settimana. Una settimana di silenzio e solitudine. Una settimana senza vedere Yu.
Fu la peggiore della mia vita.
Ora sapevo che andarmene sarebbe stato stupido: se ero così malridotto dopo sette giorni, come avrei fatto a trascorrere la vita così?
La mano migliorava... e peggiorava: i pezzi di vetro erano penetrati in profondità lacerando i muscoli della mano, ma ora, invece che le fitte costanti di qualche giorno prima, non sentivo assolutamente niente. Supponevo fosse un bene, ma non ne ero così sicuro. Le bende si stavano bagnando di pus puzzolente, era ridotta in uno stato pietoso. Mi veniva il vomito solo a guardarla.
Per non parlare di quando tornai all'ospedale per sostituire la fasciatura: le ferite si stavano richiudendo, ma grandi chiazze violacee sotto la pelle indicavano che la mano era ancora in piena via di guarigione. Le ferite, chiuse da decine di punti, erano bagnate da liquido giallognolo. Non appena l'infermiera mi tolse la benda nell'aria si diffuse un odore malsano che mi fece impallidire.
Chiusi lo stomaco e respirai solo con la bocca per non vomitare addosso a quella povera donna che si sarebbe dovuta sorbire quello schifo per qualche minuto. Bleah!



Erano passati dieci giorni dal fattaccio. Ormai ero quasi diventato un vegetale: potendo usufruire solo della mano sinistra, non mi truccavo più e i risultati si vedevano. Mi facevo portare la spesa a casa, visto che la prima e unica volta che avevo tentato ad andare al supermercato durante la mia convalescenza si era rivelata catastrofica. Non uscivo più, sia per paura che qualcuno, spaventandosi, mi scambiasse per uno zombie sia per paura che quel qualcuno fosse Yu.
Stavo disperatamente cercando di dimenticarlo, ma era come cercare di afferrare il fumo a mani nude: mi sfuggiva nonostante tutti i miei tentativi.
Dopo quei dieci, terribili giorni, mi svegliai la mattina deciso a non muovere un muscolo: se dovevo morire, allora dovevo farlo lì, nel mio appartamento. Deliravo già da qualche ora, e stavolta ero sicuro che ci sarei rimasto secco.
A distrarmi dalle mie farneticazioni arrivò il suono acuto e penetrante del citofono. Mi spaventai così tanto che, scattando per lo spavento, rotolai giù dal letto, facendo un volo di quasi un metro e atterrando di schiena. Le assi del pavimento scricchiolarono, coperte subito da un mio bestemmione.
In boxer e canotta, con le occhiaie lunghe fino a terra e grattandomi allegramente una natica, mi trascinai fino al citofono, che intanto continuava a squillare, fracassando i miei timpani stanchi. Afferrai la cornetta e me la premetti contro l'orecchio.
-Che cazzo vuoi???- ruggii, troppo stralunato per essere gentile. Ma quando sentii quella voce quasi svenni.
-Shin? Sono Yu....-
Oh.Merda.
Rimasi con la bocca spalancata per circa dieci secondi. Yu.... Yu..... l'idea che dopo dieci giorni io stessi parlando con lui era ormai troppo astratta per afferrarla del tutto. -Y... Yu?-
-Sì, cretino! Posso salire?-
Ancora peggio. Ormai riuscivo a pronunciare solo monosillabi, senza avere neanche la certezza di sapere cosa volessero dire. -S.. sì.- e riattaccai. Tempo due secondi e suonò di nuovo.
Rialzai la cornetta, stavolta con esasperante lentezza, e, lentamente, me la portai all'orecchio. Non dissi niente. Aspettai e basta.
-Se mi apri la porta non mi fa schifo eh....- La sua voce, il suo tono burbero mi fece quasi sorridere. Sorridere. Credevo di aver dimenticato come si faceva.
Feci vagare il mio sguardo sulla selva di tasti che avevo davanti e la memoria mi indicò quello che serviva ad aprire il portone. Lo schiacciai e dall'altra parte della cornetta sentii uno scatto metallico.
-Bene, grazie!- e Yu riattaccò.
Fermo. Immobile. La cosa preoccupante era che non ero neanche minimamente preoccupato per il fatto che io e Yu tra pochi secondi saremmo stati soli a casa mia. Non mi faceva nè caldo nè freddo. Un cadavere era più reattivo di me: questo era il risultato di giornate intere le cui ore erano alternate tra bagno, cucina, letto e televisione.
Non pensai neanche a rendermi lontanamente presentabile: col poco tempo che avevo era una battaglia persa in partenza.
Prima di quanto mi aspettassi, qualcuno bussò alla porta. Il rumore rimbombò sulle parete spoglie dell'anticamera e mi fece rabbrividire. Barcollando, mi aggrappai alla maniglia e, spostando tutto il mio peso sulla mano sinistra, aprii la porta.
Fu come aver fatto un tuffo da un trampolino di venti metri ed essere atterrato di pancia, magari anche in una piscina senza acqua: mi mancò il fiato. Pensai che forse non avevo più neanche i polmoni: non mi sarei stupito se si fossero già putrefatti.
Ma quello che avevo davanti era troppo bello, troppo perfetto per essere vero. E di sicuro non era vero: stavo sognando ancora. Yu non fece in tempo a dire niente che richiusi la porta, sbattendola violentemente.
Ci fu qualche secondo di silenzio, durante i quali mi ero già avviato verso il divano per la solita maratona, quando il campanello suonò di nuovo. Come se poco prima non fosse accaduto niente, ritornai alla porta e la riaprii.
Identica reazione. Ma prima che la porta si chiuse nuovamente, Yu allungò la mano e la bloccò; inutile fare una gara di forza per chiudere l'uscio, lui poteva stendermi anche solo soffiandomi addosso.
-Shin, hai bevuto???- fu la sua domanda. Io lo guardai, inclinando leggermente la testa e sbattendo le palpebre: un'illusione non avrebbe potuto bloccare la porta, le illusioni non esistevano. Dovevo verificare.
Alzai lentamente l'indice, guardando di sottecchi Yu per essere sicuro che non sparisse da un momento all'altro, e glielo piantai nel petto, premendo con forza. D'accordo, esisteva.
Sospirai e abbassai il braccio. Yu mi guardava sconvolto. -Shin, sei sicuro di stare bene?- e, prima che potessi rispondere, mi ritrovai la sua mano sulla fronte.
-Sei normale. Senti... perchè non mi fai entrare?- ma dopo che rimasi a fissarlo per circa dieci secondi entrò da solo; io mi limitai a chiudere la porta.
Allora la parola, così come la favella, sembrò tornarmi. -Che ci fai qui?- domandai, con la voce roca tipica di una cornacchia. Intanto ci eravamo seduti al tavolo in salotto, l'uno davanti all'altro.
-Davvero non indovini?- domandò lui tenendo gli occhi fissi sulle venature del legno.
Certo che lo sapevo. Speravo solo che non fosse così. Deglutii. -Lo so.-
-Voglio solo sapere che cosa ho fatto per offenderti. Mi eviti da troppi giorni, e a giudicare da come sei ridotto, non te la passi bene neanche te.-
-Non me la passo bene...- ripetei, divertito. Lo ripetei nuovamente, alzando la voce. Lo dissi una terza volta, urlando, per poi scoppiare a ridere come un posseduto. Sbattevo la fronte sul tavolo e pestavo i pugni, in preda ad una risata isterica. Ero il ritratto della follia, una cosa penosa.
Yu non batté ciglio, anche se probabilmente avrebbe voluto scappare via a gambe levate. Quando tornai lucido, mi asciugai le lacrime e dissi: -No, non me la passo bene.- con la voce ancora tremolante per le risate.
-Insomma, vuoi dirmi che ti ho fatto? Cioè... so cosa ho fatto, e suppongo tu ti sia arrabbiato per quello... ma perchè??-
Lo fissai. Tenevo le mani serrate, le labbra ridotte ad una linea. Dunque, il momento della verità era arrivato?

Edited by « Y u m i - 26/2/2009, 20:31
 
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view post Posted on 26/2/2009, 22:29

SUGAAA~!

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oh mamma adesso sapremo la verità O____________O *me ansiosa*
continuaaaaaaaaa
 
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view post Posted on 26/2/2009, 22:58
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nuuuuuuuu non ci puoi lasciare cosììììììììììììììììììììììììììì.. continua presto!!!
 
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Killu93
view post Posted on 27/2/2009, 17:02




stupenda
un capitolo più bello dell'altro
continua sennò impazzisco....
 
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nathe
view post Posted on 27/2/2009, 19:33




avevo perso un bel po' di capitoli!
è stupenda^^
continua!!!
 
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